Roma (ri)scopre la Dacia in una grande mostra

Rome (Re)Discovers Dacia in A Grand Exhibition
Dacia. L’ultima frontiera della Romanità, Allestimento

Circa mille oggetti arrivati a Roma da 47 musei rumeni esposti per la prima volta accanto ad alcuni reperti del Museo Nazionale Romano

Un viaggio lungo oltre millecinquecento anni, dall’VIII sec. a.C. all’VIII sec. d.C. è l’avvincente percorso che le Terme di Diocleziano (Museo Nazionale Romano) ospitano fino al 21 aprile. Protagonista della più grande e prestigiosa esposizione di reperti archeologici organizzata dalla Romania all’estero negli ultimi decenni è la Dacia, con i suoi numerosi contatti e gli scambi avvenuti con l’Impero romano grazie all’abbondanza di risorse presenti in questo territorio e alla posizione strategica tra l’Europa e l’Asia.

Corrispondente oggi all’odierna Romania, quest’ampia regione dell’Europa centrale, delimitata a nord dai monti Carpazi, a sud dal Danubio, ad ovest dal Tibisco (oggi Ungheria) e ad est dal Nistro (oggi Moldavia e Ucraina), la cui conquista è iniziata dal I secolo a.C. per completarsi sotto l’imperatore Traiano nell’anno 106 d.C., si racconta in una mostra suddivisa in quattro sezioni.

La vita quotidiana si svolge come in qualsiasi altra città del mondo romano. Sul piano religioso, i romani accettano culti estranei al pantheon greco-romano o lo sfumano, riprendendo alcune antiche credenze e divinità della popolazione autoctona.

Roma (ri)scopre la Dacia in una grande mostra
Dacia. L’ultima frontiera della Romanità, Elmo di Coţofenești | Courtesy MIC

Dacia. L’ultima frontiera della Romanità, questo il titolo della mostra a Roma a cura di Ernest Oberlander, direttore del Museo Nazionale di Storia della Romania, e di Stéphane Verger, direttore del Museo Nazionale Romano, abbraccia circa mille oggetti arrivati a Roma da 47 musei rumeni, oltre che dal Museo Nazionale di Storia della Repubblica di Moldova, per la prima volta esposti accanto ad alcuni reperti del Museo Nazionale Romano.

Perché la Dacia? Le indagini archeologiche portate avanti nel primo decennio del XXI secolo, hanno svelato un mondo favoloso, sebbene complesso, ricco di giacimenti auriferi attorno ai quali si svilupparono pian piano centri abitati, aree sacre, necropoli, spazi per la lavorazione dei materiali.

Ad attirare l’attenzione dei visitatori, all’inizio del percorso, è il calco di una scena scolpita sulla Colonna Traiana che ritrae tre arcieri Daci che tengono sotto tiro i Romani assediati all’interno di una città e che l’archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli fece colorare agli inizi degli anni Settanta.

Sorprende anche il Serpente Glykon da Tomis, rappresentazione in marmo di un “demone buono” che guarisce dalle epidemie, e poi l’elmo d’oro di Cotofeneşti di manifattura tracia, con scene di sacrificio, o ancora il tesoro gotico di Pietroasele del IV secolo d.C. con l’eccezionale phiale (coppa) d’oro lavorata a sbalzo e le grandi fibule. I bracciali d’oro daci, gli orecchini, le collane sembrano usciti da una gioielleria moderna.

Roma (ri)scopre la Dacia in una grande mostra
Dacia. L’ultima frontiera della Romanità, Glykon di Tomis | Courtesy MIC

Non passa inosservato un kit magico del I secolo d.C. ritrovato in uno dei più importanti siti geto-dacici del Basso Danubio. Alcune figurine con le mani legate dietro la schiena, sepolte in anfore romane, affiancano una sorta di bambolina voodoo.

C’è una rappresentazione antropomorfa femminile parte di un inventario funerario principesco che rappresenta forse la testa di una divinità, e c’è un colino in argento a suggerire come i vini usati dai Geti nei simposi fossero mescolati con spezie o erbe che richiedevano la filtrazione, e poi ancora maschere per elmi da parata.

Roma (ri)scopre la Dacia in una grande mostra
Dacia. L’ultima frontiera della Romanità, Testa dalla tomba principesca di Peretu | Courtesy MIC

Unendosi a questo viaggio millenario che mostra l’evoluzione degli antenati geto-daci verso i popoli geti e daci, e poi la trasformazione di una parte della Dacia in provincia romana, l’integrazione nel mondo romano, e infine la convivenza degli abitanti del territorio con le popolazioni migranti, il pubblico apprezza l’influsso reciproco delle civiltà, dalle trasformazioni profonde, dal processo di formazione e adattamento che ha portato alla creazione di un’identità culturale.

Il confronto tra civiltà urbane mediterranee e le civiltà tribali e nomadi continentali e l’inserimento della Dacia nelle reti culturali ellenistiche mediterranee, dell’epoca di Alessandro Magno, e continentali, con nuove popolazioni centro europee quali i Celti, i Geto-Traci, i Bastarni di origine germanica, lascia spazio a Roma che, a partire dalla conquista della Macedonia inizia ad avere un peso politico sulla regione.

Roma (ri)scopre la Dacia in una grande mostra
Dacia. L’ultima frontiera della Romanità, Allestimento

Il percorso si chiude con la dissoluzione dell’Impero e con le successive difficoltà a mantenere sicuri i confini, con le mescolanze e l’emergenza di popoli come gli Unni, mentre il potere di Roma si sposta a Oriente con Bisanzio.

In questa sezione viene sottolineato anche il ruolo della cristianizzazione e la diffusione della lingua latina, punti forti dell’eredità di Roma ed elementi che preannunciano la Romania come la conosciamo oggi.


21 novembre 2023 – 21 aprile 2024 

Museo Nazionale Romano – Terme di Diocleziano

Via Enrico de Nicola, 78

Orari di apertura: dal martedì alla domenica dalle ore 9.30 alle ore 19.00

Biglietti: €13

museonazionaleromano.it

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