Alla scoperta del Pantheon: un capolavoro di ingegneria simbolo della gloria di Roma

visita il pantheon di roma

Un tempio pagano divenuto basilica

Fatto realizzare nel 27-25 a.C. da Marco Vipsanio Agrippa, l’edificio fu ricostruito sotto Adriano e inaugurato dall’imperatore tra il 125 e il 128. La sua cupola è l’archetipo di quelle delle chiese cristiane e delle moschee musulmane, mentre l’intera struttura ha influenzato le opere di molti architetti europei e americani 

oculus del pantheon

Quando i raggi del sole si infilano nell’oculus del Pantheon – l’unica finestra di questo colosso in calcestruzzo a forma di rotonda – il monumentale tempio trasformato in basilica sprigiona il suo fascino senza tempo fatto di gloria e di potenza.

Stendhal lo considerava “il più bel resto dell’antichità romana”, per Michelangelo era “opera di angeli e non di uomini”, Raffaello lo scelse come sepolcro, come anche il musicista Arcangelo Corelli, il pittore Annibale Carracci, l’architetto Baldassarre Peruzzi, lo scultore Flaminio Vacca. Sarà forse per questa ricchezza e varietà di personaggi che riposano al suo interno – tra questi anche la regina Margherita di Savoia, re Umberto I e Vittorio Emanuele II – che più che un “tempio dedicato a tutti gli dei”, come vuole l’etimologia, questo gigante nel cuore del centro storico di Roma nel rione Pigna, a Roma, assomiglia a uno scrigno a celebrare le arti e il genio italiano.

Cassio Dione ipotizzava che il nome derivasse dalle statue degli dei collocate lungo le sue pareti o anche dalla somiglianza della cupola alla volta celeste.

“Volli che questo santuario di tutti gli dei rappresentasse il globo terrestre e la sfera celeste, un globo entro il quale sono racchiusi i semi del fuoco eterno, tutti contenuti nella sfera cava” faceva dire Marguerite Yourcenar, nelle Memorie di Adriano, all’imperatore che, tra il 118 ed il 125 d.C. ricostruì, dopo una serie di incendi, l’edificio fatto edificare per la prima volta nel 27 a.C. da Marco Vipsanio Agrippa. Come ricorda anche l’iscrizione in bronzo sull’architrave: “Lo costruì Marco Agrippa, figlio di Lucio, nell’anno del suo terzo consolato”.

Il Pantheon di Agrippa

pantheon di roma

Il genero, amico e collaboratore del primo imperatore Augusto lo aveva voluto dedicare alle sette divinità planetarie. Ad esse si deve forse il nome di Pantheon, sorto proprio nel luogo in cui, secondo la leggenda, Romolo, alla sua morte, sarebbe stato rapito da un’aquila e assunto in cielo. Fu in questo luogo affascinante che si volle costruire un tempio, aperto, per la prima volta, anche alla gente comune.

A costruire il “primo” Pantheon, fu, tra il 27 e il 25 a.C., Marco Vipsanio Agrippa, su un’area di sua proprietà, fra i Saepta Iulia e la basilica di Nettuno. L’edificio, di pianta rettangolare, costruito in blocchi di travertino rivestiti da lastre di marmo, era rivolto verso sud, in senso opposto rispetto a quella che sarebbe stata la ricostruzione adrianea. Di fronte avremmo visto un’area scoperta circolare, una piazza che separava il tempio dalla basilica di Nettuno.

Conosciamo quali fossero le decorazioni del Pantheon di Agrippa grazie a Plinio il Vecchio che ebbe modo di ammirarlo persona ricordando i capitelli in bronzo siracusano, le cariatidi sulle colonne del tempio e le statue frontonali ad abbellire l’edificio.

 

L’edificio adrianeo

Distrutto dal fuoco nell’80 e poi da un fulmine nel 110 d.C, l’edificio venne ricostruito sotto Adriano e inaugurato dall’imperatore durante la sua permanenza in città, tra il 125 e il 128, come si evince dai bolli laterizi. Rispetto alla precedente costruzione di Agrippa, quella adrianea presenta un orientamento invertito di 180 gradi, con affaccio a nord.

Il tempio è preceduto da un pronao di derivazione greca con sedici colonne corinzie a sorreggere il timpano, oggi privo dell’antica decorazione in bronzo che doveva raffigurare forse un’aquila o una corona in bronzo dorato, simbolo di Giove.

Il pronao è collegato alla cella da una struttura intermedia, un avancorpo in mattoni composta da due massicci pilastri appoggiati alla rotonda. La porta in bronzo è, invece, una delle più antiche e imponenti tra quelle ancora in uso a Roma.

Una cupola monumentale

Con la sua struttura circolare unita al portico in colonne corinzie che sostengono il frontone, la grande cella circolare, detta rotonda, e la cupola in calcestruzzo romano più grande al mondo, il Pantheon trasmette, a chiunque lo osservi, un senso di grandezza. Ma la cosa che affascina di più, una volta varcato l’ingresso, è l’imponente cupola realizzata con una colata unica di calcestruzzo a strati successivi.

Per costruirla sono state elevate alcune strutture interne in legno, sorrette da ponteggi ancorati sul muro interno della rotonda.

Le sue imponenti dimensioni hanno reso necessario l’alleggerimento del calcestruzzo attraverso l’impiego di materiali diversi man mano che ci si allungava verso l’alto: scaglie di mattoni in basso, scaglie di tufo e lapilli vulcanici in prossimità dell’oculo e, nell’ultima parte, vasi di terracotta vuoti.

Osservando l’interno della cupola potrete distinguere 28 cassettoni – numero considerato dagli antichi perfetto – posti su cinque ordini orizzontali detti lacunari, fondamentali per assicurarne la stabilità.

Una sfera perfetta

cupola pantheon

L’altezza e il diametro del Pantheon si equivalgono e questo espediente conferisce all’edificio la forma di una sfera perfetta. D’altra parte, equilibrio e stabilità sono i principi ai quali si attenevano gli antichi architetti, sintetizzando in questa struttura armonia delle linee e calcolo perfetto delle geometrie delle masse.

Entrando nell’edificio, circondati da questa spazialità perfettamente sferica, percepirete la sensazione di “immota e avvolgente” armonia. Alzate adesso lo sguardo. Un’imperdibile chicca del Pantheon è l’oculus – la sola finestra dalla quale penetri luce – che rende l’edificio un osservatorio astrologico. Entrando da questo foro, il raggio di sole si insinua nell’edificio e gira a seconda dell’ora del giorno. I calcoli architettonici hanno fatto in modo che nel solstizio d’estate, a mezzogiorno, avvenga un fenomeno astrologico unico: il raggio di sole che penetra dal grande occhio della cupola proietta sul pavimento un grande disco luminoso del diametro di nove metri, esattamente come quello dell’oculo.

L’interno dell’edificio

Giovanni Paolo Panini, Interno del Pantheon
Giovanni Paolo Panini, Interno del Pantheon, 1734, olio su tela, 99 x 128 cm, Washington, National Gallery of Art

La parete della rotonda è spessa sei metri ed è scandita da sette nicchie, semicircolari e rettangolari, che rappresentavano anticamente le sette divinità legate al culto dei pianeti: il sole, la luna, Venere, Saturno, Giove, Mercurio e Marte. La più importante è quella di fronte alla porta, con il fregio decorativo e la cornice in porfido rosso affiancato da due colonne in marmo corinzio. Il pavimento, in porfido, giallo antico, granito, pavonazzetto, è rivestito da lastre abbellite da un disegno di quadrati in cui sono inscritti alternativamente cerchi o quadrati più piccoli.

Un edificio “moderno”

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Questo modello dello spazio circolare, coperto con una cupola emisferica terminante con un oculus veniva in verità già applicato, come dimostra ad esempio un tipo di sala termale chiamata laconicum, o l’aula principale del corpo centrale della Domus Aurea. Fu comunque una novità l’utilizzo di questo tipo di copertura per un edificio templare.

Ieri come oggi, l’effetto sorpresa nel varcare la porta della cella doveva essere notevole. E poi un ulteriore elemento di novità era costituito dall’introduzione di fusti monolitici lisci di marmo colorato, insoliti per le colonne di un tempio, al posto dei tradizionali fusti scanalati in marmo bianco.

Un modello per l’architettura europea e americana

Vi trovate di fronte all’archetipo di tutte le cupole che, dalle chiese cristiane alle moschee, sarebbero state costruite nei secoli successivi in Europa e nel Mediterraneo, Dal momento che questo edificio ha anche influenzato gli architetti europei e americani, potrete scorgervi i tratti della celebre villa La Rotonda di Andrea Palladio, a Vicenza, o anche la rotonda del British Museum di Londra, la Low Memorial Library della Columbia University di New York e il Jefferson Memorial di Pope a Washington.

Nel fossato del diavolo

 Dopo aver ammirato l’interno, trattenetevi ancora qualche minuto all’esterno dell’edificio. Una tradizione popolare vuole che il fossato che cinge la rotonda sia stato scavato dal diavolo mentre era in attesa del pegno di Pietro Bailardo – il più potente dei maghi – per i servigi ricevuti. Uscito dal Pantheon il mago avrebbe ripagato il diavolo con quattro noci. Adirato per l’oltraggio subìto, il maligno sarebbe sprofondato tra le fiamme nelle viscere della Terra.

Le “orecchie d’asino” del Pantheon

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Jakob Alt, il Pantheon con ancora i vecchi campanili, 1836, acquerello

In epoca barocca, ai lati del frontone, furono aggiunti due campanili, opera di Gian Lorenzo Bernini. Tuttavia le molteplici critiche da parte degli abitanti di Roma si abbatterono su queste aggiunte, chiamate popolarmente “orecchie d’asino”. Considerati in contrasto con l’architettura classica che caratterizzava l’intero edificio, i campanili  furono rimossi nel 1883.

L’abbandono e il saccheggio

 Il Pantheon venne abbandonato sotto i primi imperatori cristiani per essere poi saccheggiato dai barbari. Nel 609 d.C. fu donato dall’Imperatore bizantino Foca a Papa Bonifacio IV che trasformò il tempio in chiesa cristiana dedicandolo a Santa Maria ad Martyres (Santa Maria ai Martiri), dove il richiamo alla schiera collettiva cristiana si contrappone all’antica dedica pagana a tutti gli dei di Roma. Fu il primo caso di tempio pagano trasposto al culto cristiano.

Il monumentale edificio di Adriano non subì spolizioni soltanto da parte dei barbari. “Quod non fecerunt barbari fecerunt Barberini” recita una nota pasquinata. I romani in effetti non dovettero apprezzare il fatto che papa Urbano Barberini avesse rimosso il materiale bronzeo del Pantheon per destinarlo alla costruzione del baldacchino barocco di san Pietro ad opera del Bernini.

Come se non bastasse, nel mese d’agosto del 1625 si diffuse la notizia che papa Urbano VIII Barberini avesse deciso di far fondere i giunti in bronzo delle travi del Pantheon per costruire i cannoni per Castel Sant’Angelo.

Il Papa Urbano, informato del malumore popolare, fece portare il bronzo del Pantheon alle fonderie papali e mise i cittadini a conoscenza, tramite avvisi affissi sui muri della città, che il bronzo sarebbe servito soprattutto per le colonne tortili del Bernini per il baldacchino dell’altare della basilica di san Pietro e, in piccola parte, per i cannoni.

Quando, nel 1786, Goethe visitò l’enorme monumento simbolo di Roma, scrisse: “Qui la grandiosità della Rotonda, sia all’esterno che all’interno, ha suscitato in me un gioioso senso di reverenza”.

La stessa che proviamo ancora oggi, dopo oltre duemila anni da quella costruzione, in quelle romantiche notti di luna, con piazza della Rotonda deserta.

Nell’anno dedicato al cinquecentenario della morte di Raffaello Sanzio, poi, questo edificio assume un fascino particolare. La tomba dell’Urbinate, scolpita dall’allievo di Raffaello, Lorenzetto, si riconosce grazie a un epitaffio di Pietro Bembo che recita “Qui giace Raffaello, dal quale la natura temette mentre era vivo di esser vinta; ma ora che è morto teme di morire”.

L’ingresso al Pantheon è gratuito. La Basilica è aperta tutti i giorni dalle ore 9 alle ore 19 (con ultimo ingresso alle 18.30).

La fermata più vicina è Barberini (linea A), a circa un chilometro dal Pantheon.

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