In mostra una selezione di 130 capolavori dell’arte dell’Antico Egitto, provenienti dal Museo Egizio del Cairo e dal Museo di Luxor, molti dei quali esposti per la prima volta fuori dal loro paese
L’attesa è finita e i Tesori dei Faraoni illuminano finalmente le sale delle Scuderie del Quirinale in occasione della mostra più attesa dell’anno.
Fino al 3 maggio amuleti, coppe e gioielli che, dopo tremila anni, conservano intatta la loro luce, regalano un viaggio nella civiltà egizia attraverso le sue forme più alte che legano potere, fede, vita quotidiana.
Sono oltre 130 i capolavori dell’arte dell’Antico Egitto, arrivati a Roma dal Museo Egizio del Cairo e dal Museo di Luxor, e molti di questi sono esposti per la prima volta fuori dal loro paese.

Ci sono pezzi che non passano inosservati. Come lo straordinario sarcofago dorato della regina Ahhotep II che accoglie i visitatori accanto alla Collana delle Mosche d’oro, un’antica onorificenza militare per il valore mostrato in battaglia, o ancora il collare di Psusennes I, tutti pezzi che introducono al mondo delle élite egizie, dove l’ornamento diventa espressione di una teologia del potere. Intorno al corredo funerario di Psusennes I, scoperto a Tanis nel 1940, si concentrano invece oggetti di straordinaria raffinatezza.
Curata da Tarek El Awady, già direttore del Museo Egizio del Cairo, prodotta da ALES – Arte Lavoro e Servizi del Ministero della Cultura con MondoMostre, in collaborazione con il Supreme Council of Antiquities of Egypt, con la collaborazione scientifica del Museo Egizio di Torino e il sostegno di Intesa Sanpaolo, la mostra penetra nell’universo del rito e del passaggio. Che la morte sia concepita come trasformazione lo si intuisce dal monumentale sarcofago di Tuya, madre della regina Tiye, al centro della sezione dedicata alle pratiche funerarie e alla fede di rinascita. Bellissime anche le statuette shabti, i vasi canopi e un papiro del Libro dei Morti i cui colori, quasi intatti, raccontano la precisione scientifica con la quale gli Egizi preparavano il viaggio nell’aldilà. Occorrevano formule, immagini e strumenti per attraversare il mondo invisibile e rinascere alla luce di Ra.

Il volto umano della regalità emerge invece dalle tombe dei nobili e dei funzionari, tra tutte quella di Sennefer, che svela la quotidianità del potere, la devozione e il senso del dovere di chi serve il faraone come garante dell’ordine cosmico. La poltrona dorata di Sitamun, figlia di Amenofi III, è invece un oggetto domestico usato in vita e poi deposto nella tomba dei nonni, testimonianza rara di affetto e continuità familiare.
Una vera chicca è la sezione dedicata alla Città d’Oro di Amenofi III, scoperta nel 2021 da Zahi Hawass. Gli artigiani e i lavoratori che costruivano la grandezza dei faraoni si raccontano attraverso gli utensili, i sigilli e gli amuleti provenienti da questo straordinario sito.
La mostra culmina nel mistero della regalità divina. Le espressioni più alte dell’arte faraonica travolgono le Scuderie del Quirinale con l’Hatshepsut inginocchiata in atto d’offerta, la diade di Thutmosi III con Amon, la Triade di Micerino, mentre gli ultimi scatti fotografici del pubblico sono tutti rivolti all’affascinante maschera d’oro di Amenemope. Il volto del re, levigato e perfetto, diventa l’icona di un corpo che appartiene ormai al divino.
L’ultimo pezzo è un prestito eccezionale dal Museo Egizio di Torino. Si tratta della Mensa Isiaca che riannoda il filo simbolico che da Alessandria conduce a Roma, testimoniando l’antico legame spirituale e culturale tra i due mondi.
D’altra parte, come ricorda Zahi Hawass, “il più grande monumento mai costruito dall’Egitto non fu una piramide o un tempio, ma l’idea stessa di eternità”.

Fino al 3 maggio 2026
Scuderie del Quirinale
Via XXIV Maggio, 16
Orari: Tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00
Biglietti: Intero €18, Ridotto €16, open €25



